🎧 Vent'anni dopo
20 anni fa esatti (era il 18 febbraio 2004) ho pubblicato online il mio primo trafiletto in cui parlavo di musica: took some time to celebrate! Questo, ma soprattutto tanta buona musica anche oggi
20 anni fa esatti ho pubblicato online il mio primo trafiletto che parlava di musica (era il 18 febbraio 2004). Non posso chiamarla recensione per pudore e per rispetto di chi questo mestiere lo fa per vivere (anche io scrivo di musica per vivere, ma in un altro senso). Scrivevo allora di un semi-sconosciuto Badly Drawn Boy che tutt'ora è uno dei miei artisti preferiti.
Mi ospitava una community online di appassionati di musica, non esattamente un forum ma nemmeno una webzine. Conobbi lì tante persone, alcune le sento ancora oggi, eravamo affamati di novità e motivati dal desiderio di condividere bellezza e meraviglia. Era prima dei socail network (a parte MySpace) e la condivisione era ancora l’obiettivo e non il mezzo per arrivare ad una "instant gratification".
Da lì approdai prima su una free press, poi su Losing Today (un fantastico magazine cartaceo che durò troppo poco) e poi fondai assieme ad Alessio Pomponi Indie for Dummies (oggi è Indie for Bunnies). Anche qui altro giro e altre persone clamorose, qualcuno scrive ancora lì, altri hanno scelto strade diverse, come Claudia Durastanti che oggi scrive ancora di musica (e di tanto altro, per fortuna nostra) ma su Internazionale.
Qualche anno dopo assecondai l'esigenza di un progetto che fosse più tagliato su di me e... benvenuta Indie Riviera!
Insomma, per dirla come se Dumas incontrasse Madonna, Vent'anni dopo: took some time to celebrate!
Piccoli Mondi di Caleb Azumah Nelson
Nelle commedie romantiche, meglio se condite con humor inglese e tanta musica, trovo la mia dimensione letteraria ideale. In pratica inseguo costantemente qualcosa di nuovo che possa ricordarmi Hornby, Coe, Doyle, O'connor, Welsh... e tutti gli altri che ti possono venire in mente.
Ecco come mi è finito fra le mani Piccoli Mondi di Caleb Azumah Nelson, un libro profondamente musicale, dove le playlist del protagonista si intrecciano ai dischi che ascoltavano i suoi genitori, sullo sfondo di un romanzo di formazione che parla di crescita, amore, integrazione e immigrazione, a Londra.
L'autore usa brevi espressioni ricorrenti, un po' come i ritornelli delle canzoni, che quando fanno capolino nel testo rafforzano il loro significante, ti fanno sentire a casa, in un piccolo mondo. “Piccolo mondo” è proprio una di queste ancore, il piccolo mondo domestico e famigliare che il protagonista si troverà costretto ad abbandonare, prima per gli studi e poi per divergenze con il padre. Proprio al padre farà ritorno dopo una tragedia, per intraprendere un viaggio della memoria che lo porterà alla scoperta del Ghana, il paese d'origine della propria famiglia.
Ho pianto tutte le lacrime che avevo e ho trovato un autore da tenere d'occhio.
The Joy of Sects di Chemetrails
Gennaio e la prima parte di febbraio non sono stati dei clienti facili per me (ma non ti annoierò qui), per fortuna i Chemetrails sono riusciti a sollevarmi un po'.
Nati a Londra dalla cantante/scrittrice/chitarrista Mia Lust, la chitarrista/cantante Laura Orlova, la bassista/cantante Laura Sumner, il tastierista Ian Jubb e il batterista Sam Neubär, oggi sono di base a Manchester e pubblicano per l’etichetta di Stoccolma PNKSLM Recordings.
La loro proposta è un noise pop con suggestioni surf, punk e garage rock. Appena debuttanti nel 2021 questo The Joy of Sects è il loro terzo disco e il loro primo registrato con un produttore esterno.
The Joy of Sects è un disco che tiene letteralmente incollati, difficile da ignorare, non si lascia relegare a tappezzeria. Chitarre robuste e bassi sostenuti, andamento ancheggiante, ritornelli catchy spassosi e a tratti ironico (si pensi al pezzo Unisciti al nostro culto estinto), un po' Blondie un po' Ramones per capirci.
Da provare quando ti senti dispettos*
Iechyd Da di Bill Ryder-Jones
Da un disco irriverente, diretto e poco mediato ad un disco che probabilmente è l'esatto opposto: pop elegante e meditativo.
Mi riferisco a Iechyd Da di Bill Ryder-Jones, pubblicato a Gennaio da Domino Records.
Per chi si fosse perso le puntate precedenti, Bill è un poliedrico musicista inglese noto ai più per essere stato, dal 1996 al 2008, il chitarrista dei Coral (se non li conosci molla tutto e corri a recuperare).
Nel 2008 Bill ha lasciato la band per intraprendere una carriera solista come produttore, polistrumentista, compositore e cantautore. Ha già alle spalle diversi e acclamati album da solista, a cominciare da If..., basato sul romanzo di Italo Calvino del 1979 Se una notte d'inverno un viaggiatore, se il buongiorno si vede dal mattino...
Iechyd Da, termine gallese che si traduce in "buona salute", è un disco onirico, a tratti sinfonico e ambizioso. Riflessivo, pacato, intimo, e romantico (A Blow Winds in My Hearts). Se il gioco è quello delle assonanze, riverbarno sul palato il folk pastorale di Nick Drake, la magniloquenza dei Flaming Lips di The Soft Bullettin (This Can't Go On), il dream pop dalle atmosfere sognanti dei Mercury Rev (I Know It's Like This) e, perché no, Such a Perfect Day di Lou Reed (It's Today Again).
Wall Of Eyes degli Smile
Ma gennaio ha fatto anche cose buone!
Mi riferisco a Wall Of Eyes il secondo album del trio composto per due terzi dalla spina dorsale dei Radiohead (Thom Yorke e Jonny Greenwood) insieme a Tom Skinner, batterista di formazione jazz sempre più a suo agio nel nuovo contesto.
Non serve certo Indie Riviera per far conoscenza con Wall Of Eyes o con gli Smile in generale, si tratta di un disco attesto al varco un po’ da tutti. È stato registrato in parte a Oxford e in parte negli studi di Abbey Road con il contributo della London Contemporary Orchestra e prodotto da Sam Petts-Davies, piuttosto che dal solito Nigel Godrich.
Wall Of Eyes è decisamente più facile da ascoltare che da raccontare, spazia fra Radiohead (ça va sans dire), progressioni math rock, loop psichedelici, krautrock pop, sintetizzatori alla Brian Eno e timidi a approcci jazz. Il risultato sono otto pezzi che suonano molto organici, compatti, per un disco convincente che conferma quanto di buono fatto nel 2022.
Grazie dio dell’indie.
Little Rope delle Sleater-Kinney
Le Sleater-Kinney sono considerate da molti la band indie rock americana definitiva della seconda metà degli anni '90, non saprei espormi su questo, ma di sicuro sono state le portabandiera di un certo movimento riot grrrl rock e sicuramente fra le migliori di quegli anni.
Little Rope è il secondo album del gruppo dopo l'uscita della batterista Janet Weiss nel 2019, si tratta di un disco bilanciato fra le recenti esplorazioni post-punk della band e l'urgenza punk dei loro esordi. Il sound è come sempre vibrante, vivido e pulsante con le chitarre che rimangono centrali.
Le tematiche di Little Rope si coagulano attorno a canzoni tristi e arrabbiate, si avverte una certa catarsi probabilmente anche terapeutica per Brownstein che ha da poco perso i genitori in un incidente stradale in Italia.
La traccia di apertura Hell è un antipasto molto indicativo di quello che ti aspetta nel disco.
Per approfondire
🎙️ Ogni anno Sanremo monopolizza la nostra attenzione. Tra polemiche, contestazioni, discorsi sul mercato musicale, PR, per giorni e giorni non si parla d’altro. Manca però una cosa a questa lista, la musica, che forse al Festival della canzone italiana è la cosa meno importante. "A chi interessa ancora Sanremo?" Se lo chiede Giulia Cavaliere su Lucy.
📈 Vendite di vinili: bene ma non benissimo. Secondo questo articolo del Guardian la vendita di vinili e merchandising ai concerti, il cosiddetto “banchetto”, sta diventando una vera e propria fonte di sostentamento, in particolare per i musicisti indipendenti, ma toglie fatturato ai negozi.
🛑 Condé Nast ha annunciato che Pitchfork, il celebre sito di recensioni musicali, verrà assorbito da GQ, aprendo un dibattito tra estimatori e detrattori. Ne parla qui anche Il Post.
🎛️ Come i sintetizzatori impararono a parlare tra di loro: 40 anni fa le aziende di strumenti elettronici decisero di non farsi la guerra ma di collaborare aprendo la strada alla produzione musicale moderna. Un’altro interessante articolo de Il Post.
My job here is done
Alla prossima!
(Hai notato che non scrivo mai “A presto”?)
Io, l’autore
Ciao, sono Francesco, forse ti ricorderai di me per la webzine Indie For Bunnies di cui sono stato co-fondatore, o per qualche pezzo pubblicato sulla rivista musicale Losing Today, o forse per il mio umorismo inglese: "La gallina di mia nonna fa un uovo ogni mezzora" "E allora?" "Due!"; o per altri Super Poteri di Merda™ come questo (seguimi per altre eroiche imprese).
Se invece è la prima volta: sei su Indie Riviera la newsletter che una volta era un blog (una volta qui era tutta blogosfera) e oggi è il posto su cui scrivo di dischi, etichette , industria musicale, libri e cultura pop in generale.
Tutto questo a ritmo assolutamente irregolare (dio e qualche centinaio di iscritti mi sono testimoni), perché della frenesia e delle performance ci siamo rotti i coglioni.