🤖 Musica e intelligenza artificiale, ma anche qualche disco notevole
Dove si scopre che esistono già diverse aziende che da anni mettono assieme musica e intelligenza artificiale: è la fine dello star-system?
Ciao, sono Francesco, forse ti ricorderai di me per la webzine Indie For Bunnies di cui sono stato co-fondatore, o per qualche pezzo pubblicato sulla rivista musicale Losing Today, o forse per le mie erudite citazioni latine ai tempi del liceo: "Melius abundare quam?" "Defecare!"; o per altri Super Poteri di Merda™ come questo (seguimi per altre eroiche imprese).
Se invece è la prima volta: sei su Indie Riviera la newsletter che una volta era un blog (una volta qui era tutta blogosfera) e oggi è il posto su cui scrivo di dischi, etichette discografiche, industria musicale, libri e cultura pop in generale.
Tutto questo a ritmo assolutamente irregolare (dio e qualche centinaio di iscritti mi sono testimoni), perché della frenesia e delle performance ci siamo rotti i coglioni.
The Comeback Kid di Marnie Stern
Disco del mese: gioco, set e partita per Marnie Stern e il suo recentissimo The Comeback Kid.
Sinossi in breve.
Marnie ha iniziato a suonare la chitarra su indicazione della madre a 15 anni, perché a sua madre sembrava cool.
Marnie si è iscritta alla NYU, facoltà di giornalismo, perché alla madre sembrava una facoltà promettente per il suo avvenire.
E così via, hai già capito.
Niente sembrava andare male nella vita di Marnie, ma allo stesso tempo niente sembrava andare davvero come volesse lei (maddai!): "A 21 anni, alla fine dell'università, mi sono detta: imparerò a suonare la chitarra davvero, imparerò a scrivere canzoni e sarò una musicista." Il resto è storia.
Classe ‘76, nata e cresciuta a New York City, Marnie Stern è cantante, compositrice e chitarrista dallo stile immediatamente riconoscibile, ma comunque davvero difficile da definire. Immagina un math rock un po' sghembo, una jam session fra Pete Townshend alla chitarra, Satomi Matsuzaki (Deerhoof) alla voce e alla batteria Kid Millions degli Oneida (questo non devi immaginarlo, perché alle percussioni di The Comeback Kid c’è davvero il batterista degli Oneida).
Hai immaginato? Ecco, ora prova a dargli una definizione… Non è facile vero?
Marnie ha esordito con la Kill Rock Stars nel 2007 dopo aver inviato alla casa discografica una demo particolarmente interessante, il suo album d'esordio uscì nello stesso anno e riscosse immediatamente consensi di pubblico e critica. Poi è stata tutta un’escalation.
Nel 2010 Stern aveva già accumulato seguito e risonanza, venendo regolarmente inclusa nelle liste degli artisti emergenti da tenere d’occhio, fra cui quella di Rolling Stone che l’annoverava fra i "The 250 Greatest Guitarists of All Time" (nel 2008 si esercitava alla chitarra almeno 8 ore al giorno!).
Nel 2023 Stern è tornata con questo che è il suo quinto album in studio, a 10 anni dal precedente. L'album è stato prodotto da Jeremy Gara degli Arcade Fire ed è uscito a novembre del 2023 su Joyful Noise Record.
Marnie si è sempre dichiarata fan di Bob Dylan, PJ Harvey e Sleater Kenny... gusti terribilmnete variegati che ha maturato ai tempi in cui lavorava in biblioteca e portava a casa una mole considerevole di CD a noleggio (pare che non sempre tornassero indietro). Ma se ti interessa quello che ci sento io, bè io ci sento un art-rock a tratti progressive e isterismi degni di Lightning Bolt e Deerhoof, ossessioni ritmiche alla Oneida, e, forse più come mood giovanili che influenze vere e proprie, un certo che di Television e Talking Heads. Con puntatine verso il power rock (Foward) e la neo-psichedelia: in Working Memory ho dovuto ricontrollare che la puntina dello stereo non si fosse inceppata sullo stesso solco. Poesia!
Sarà sicuramente nelle posizioni alte dei migliori album del 2023.
Auto-tune theory. Trap, drill, bashment e il futuro della musica (per me è no)
Delusione assoluta per questo libro, peccato perché avevo aspettative altissime per Auto-tune theory. Trap, drill, bashment e il futuro della musica di Kit Mackintosh edito da Nero Editore.
Kit Mackintosh è un producer e musicista londinese, non è un saggista evidentemente e si vede. Il suo libro seppure appassionato (pure troppo!) non affonda mai sul tema. Le sue idee vengono esposte come se stesse parlando di un disco: con enfasi e aggettivi roboanti. La sua scrittura è un fiume in piena, a flusso di coscienza, manco fosse Lester Bangs che scrive di Captain Beefheart.
Si tratta di un libro dal titolo pretenzioso, molto pretenzioso, che in realtà affresca qualche scenario, che riporta qualche aneddoto sul rap, l’alt-rap e la drill fra gli anni ‘00 e i ‘20 ma senza mai davvero centrare il punto. In questo contesto siamo alle chiacchiere da bar, per quanto mi riguarda.
Mi sarebbe piaciuto un manuale chiaro, invece lo stile di Mackintosh è impulsivo e di pancia come la musica che vorrebbe raccontare (forse si tratta di una scelta consapevole?), un quadro impressionista guardato a 5 cm dal naso, ma poi si perde tutto il contesto.
Probabilmente sono io che non sono preparato a tutto ciò, ma per me sono 4 no!
Musica e intelligenza artificiale: Spotify scansati proprio
Se pensi che Spotify sia un'azienda innovativa nel settore della musica, leggi qui: il futuro è già arrivato.
Pochi giorni fa Google ha annunciato di aver implementato nella sua AI, Bard, il nuovo algoritmo Gemini. Con Gemini sotto il cofano Bard sarà ancora più potente. Circola in rete un video in cui tramite l’occhio delle webcam Bard guarda un uomo che disegna e guardandolo compone della musica (minuto 5:00). Il video è impressionante, ma AI in grado di comporre musica in questo modo esistono già da tempo.
Premessa.
Non sono un nostalgico per definizione, in realtà sì, ma questa condizione mi ha allenato a guardare al futuro con apertura e ottimismo (altrimenti come averi potuto leggere un intero libro sull'Auto-tune?). Non so se in futuro il "music system" sarà meglio o peggio, ma sicuramente sarà diverso da quello che conosciamo ora, che comunque a sua volta è un sistema che non ha neppure 70 anni. Per dire, scegliendo una pietra miliare a caso nella storia del rock, Chuk Berry pubblicò Maybellene nel 1955, l’altro ieri praticamente.
Per decenni Pirate Bay, Napster, Spotify, Bandcamp & Co. hanno combattuto contro l'establishment dell'industria discografica (una volta se volevi la musica dovevi per forza acquistare anche il supporto), rivendicando la centralità degli artisti e delle loro royalties contro le reazionarie major discografiche (giuro che non entrerò ora nel dettaglio).
Quello che si prospetta all'orizzonte è, paradossalmente, la fine dello star-system come lo conosciamo. Le intelligenze artificiali e gli algoritmi, oltre ad affiancare la creatività umana (cosa che stanno facendo da tempo) potranno (possono in realtà) comporre musica su misura per chiunque.
Sostituiranno gli artisti? È un tema.
Pensa solo se una di queste AI potesse agganciarsi ai dati sul tuo livello di stress raccolti da un Fitbit qualsiasi e comporre l'unica e sola musica in grado di accordarsi immediatamente al tuo livello di cortisolo nel sangue e farlo scendere. Non è fantascienza, tutte le componenti tecnologiche di questa suggestione esistono già!
Quello a cui la nostra generazione (per le prossime non posso dirlo) non può rinunciare sono le storie. La musica che amiamo non risuona solo nella nostra anima per umore, gusto e per il momento che viviamo, ma anche perché ci riconosciamo nelle storie di chi la compone, suona o canta.
Io adoro Marnie Stern anche per le note biografiche che ti ho condiviso, probabilmente se la stessa musica (identica!) fosse prodotta da un uomo di Parigi con backgrund differente, forse mi ingaggerebbe di meno, è lo storytelling su cui si sostiene ancora (ad esemepio) il giornalismo musicale che ancora tiene a galla lo star system? In parte sì, secondo me.
Facendo un giro fra le varie piattaforme di AI musicali si capisce come siano in fase beta, alcune con modelli di business freemium e features avanzate solo a pagamento. Attualmente l'uso più comune è quello di basi per la propria voce, per video clip, documentari, reel, eventi, mostre… insomma tutto il variegato universo di realtà in cerca di sottofondo musicale libero da diritto d'autore.
Società come Google e Coca Cola già da qualche anno si avvalgono di questi strumenti, come ad esempio Beatoven o AIVA.
In questo Ted Talk del 2018, il CEO di AIVA Pierre Barreau spiegava come in futuro l'AI sarà in grado di comporre una colonna sonora diversa per ognuno di noi, per ogni giorno della sua vita. E tanti saluti allo star-system.
Czartificial Intelligence di Czarface
Ma veniamo ai dischi! Se anche tu sei assillato da figli adolescenti che non fanno altro che ascoltare trap, ho il rimedio che cerchi: è uscito il nuovo disco degli Czarface.
I Czarface sono nati nel 2012 come un progetto collaterale di 7L & Esoteric e Inspectah Deck già membro dei Wu-Tang Clan, ma oggi sono una certezza dell’alt-rap “old-school”, con all’attivo una lunga serie di collaborazioni (da Ghostface a MF DOOM).
Czartificial Intelligence non apre a nuovi orizzonti nella discografia del gruppo, ma è comunque piacevole quanto tutto il resto che hanno già pubblicato: produzione energica, synth-funk futuristico e boom-bap ruvido.
Ossigeno puro.
Nowhere to Go But Up di Guided by Voices
Ho scritto la prima recensione (e non parlo di una nota come questa, ma di una vera recensione) sui Guided by Voices a Marzo 2004 (sì, sono andato a controllare).
La cosa incredibile è che le cose che scrissi quella volta valgono ancora, sono ancora vere. Questo ha implicazioni positive ma anche negative. Ad esempio la coerenza, di questa ce n’è in abbondanza. L’essere fedeli a se stessi, alla propria indole indie e alla propria visione, è sicuramente un aspetto positivo. Il rovescio della medaglia è che, per chi non è esattamente un fan dei Guided by Voices, a volte è difficile persino distinguere un disco dall’altro, tanto il canovaccio è mandato a memoria.
Tutto questo è possibile perché il gruppo, che ha cambiato sovente line up negli anni, ruota fondamentalmente tutto attorno alla creatività, alla verve, alle idee e alla leadership del prolifico Robert Pollard.
Il loro status ormai, per costanza, militanza e impatto sulla cultura underground USA è paragonabile solo a Fliming Lips, Yo La Tengo e pochissimi altri.
40 minuti scarsi di puro indie rock, sporco e graffiante, quasi in presa diretta, con la sensazione di essere nel garage della band e di avere in corpo almeno due birre di troppo.
Unici, ma sempre a rischio manierismo.
Exit Strategy dei The Clockworks
Finalmente fuori Exit Strategy, l’album di debutto dei Clockworks (Galway, Irlanda, ma ormai in pianta stabile a Londra) una delle band più attese di questo 2023.
Il disco, pubblicato in modo indipendente sulla loro etichetta Life and Times Recordings, è costruito su tematiche autobiografiche, attorno ad un immaginifico personaggio che si trasferisce da Galway a Londra in cerca di qualcosa. La prima metà dell'album è incentrata su Galway e la seconda su Londra, cari vecchi concept album!
Nell’attesa di capire cosa faranno da grandi ci godiamo un sound sicuramente influenzato dai connazionali Fontanies DC, con un bel po’ di irruenza in più (a tratti mi ricordano l’indole dei primi Okkervil River), e l’etereità del sound dei Suede (sarà proprio per la produzione di Bernard Butler).
Una piacevole compagnia.
TWENTIETH CENTURY degli Swansea Sound
Se sei alla ricerca della tua dose mensile di C86 (se ti sei perso questo "movimento" prenditi due minuti per aggiornarti su Wikipedia, sarà tempo ben speso), non affannarti oltre: l'hai trovata.
Gli Swansea Sound sono un supergruppo composto da membri di band leggendarie come Talulah Gosh, Heavenly, Thrashing Doves, The Pooh Sticks (…) La loro proposta sposa la dolcezza melodica del twee-pop e l'atteggiamento pungente del punk, sì esatto, proprio fra Television Personalities e Teenage Fanclub. Se sei di questa “parrocchia” (come me) Twentieth Century è sicuramente il disco più divertente che ascolterai nelle prossime settimane.
Unico ostacolo alla tua gioia, Twentieth Century non è su Spotify (ad eccezione di qualche traccia) ma lo trovi su Bandcamp.
Enjoy!
Covers dei Travis
Non so cosa facevi tu nel 1999 (anche se sarei curioso di saperlo), io passavo gran parte del tempo su Napster a cercare cover live delle principali Brit Pop band. Fra le tante chicche che riuscii a raccogliere ci sono anche alcune cover dei Travis come Be My Baby, Here Comes the Sun e Baby One More Time (sì, proprio quella di Britney Spears).
L’8 Dicembre i Travis hanno deciso di semplificarci la vita e di far uscire una raccolta con le principali cover registrate negli anni, sin dal loro esordio, live o in studio.
Talmente prescindibile che mi sembrava impossibile non parlarne.
Per approfondire
🛬 In cinquant’anni di carriera non ha mai suonato da solista: inizia adesso, a 75 anni, con la doppia data veneziana dello spettacolo che porterà anche a Berlino, Parigi, Utrecht e Londra. Indovina chi è, scoprilo qui.
💰 Deezer sta rivedendo il suo modello di business in favore dei musicisti: raddoppierà i pagamenti per le riproduzioni degli "artisti professionisti" e premierà le canzoni cercate dagli utenti piuttosto che quelle riprodotte nelle playlist generate automaticamente. Ne puoi leggere qui.
🗣️ Deezer, ci sono anche le critiche: secondo alcuni questo modello di business renderà gli artisti già famosi ancora più ricchi a scapito di quelli emergenti che faranno ancora più fatica. Leggi la contro critica qui.
My job here is done
Alla prossima!
(Hai notato che non scrivo mai “A presto”?)