🚰 "Music like water", ma è davvero la cosa migliore?
Dei tumulti che stanno scuotendo l'industria della musica, degli artisti ridotti a "commodity" dalle piattaforme di streaming, ma anche TANTA buona nuova MUSICA.
L’industria musicale appare sempre più in tumulto, ma rispetto a 15 anni fa tutto è più complesso e molto meno lineare.
Negli anni 10 le cosiddette major discografiche tenevano in mano il pallino del gioco (da molto tempo, ma ancora per poco) e dall’altra parte c’era il peer-to-peer (con Pirate Bay come portabandiera) a scuotere le coscienze degli artisti e il salvadanaio degli ascoltatori. Alla fine la spuntarono le piattaforme di streaming a pagamento con una proposta che metteva al centro l’ascoltatore.
Quello che è successo dopo lo vediamo ben rappresentato in questo grafico (integralmente disponibile su questo sito, assieme a tanti altri dati): in pochissimi anni gli ascolti in streaming (quelli in verde), sia paid che “ad-supported”, hanno cannibalizzato il mercato.
Stando ai numeri sembrerebbe che l’ascolto “a pagamento” non sia mai stato così in salute: i vinili conoscono una seconda giovinezza (non se ne vendevano così tanti dalla prima metà degli anni ‘80) e lo streaming ha superato i download, i CD e le musicassette, tutti assieme.
Questo scenario è sì favorevole a major e ascoltatori, ma cosa implica per gli artisti?
Te lo spiego partendo dal 2006, quando ancora l’unico modo per ascoltare nuova musica (legalmente) era comprare i CD.
Nel 2006 lessi un libro che ha cambiato il mio modo di vedere la musica, che ha segnato per me l'inizio di un percorso di interesse e consapevolezza. Si tratta de Il futuro della musica di David Kusek e Gerd Leonhard. Un libro che anticipava profeticamente quello che sarebbe avvenuto di lì a pochi anni:la musica sarebbe entrata nelle nostre case come acqua corrente (“music like water” era il mantra che veniva ripetuto nel libro).
Il paragone con l'acqua non era così azzardato, ma celava degli aspetti negativi nascosti come la polvere sotto i tappeti. L’acqua potabile infatti è considerata, almeno in occidente, come una "commodity" (o in italiano “bene indifferenziato”), cioè un prodotto immesso nel mercato senza troppe differenze di qualità rispetto ai prodotti della concorrenza. Fanno parte di questa categoria, ad esempio, lo zucchero, il sale, la benzina... chi ha una marca preferita di questi prodotti, per motivi che prescindono il prezzo?
È quello che succede alla musica distribuita sulle piattaforme digitali: non viene dato sufficiente spazio agli artisti, allo storytelling, alle peculiarità... Purtroppo l’unica informazione a cui viene data rilevanza è il numero degli stream.
Più acqua potabile abbiamo intorno e meno è il valore che diamo ad un singolo bicchiere. Il problema in questo caso è che la rete idrica ha un unico player e si chiama Spotify e questo player fa esattamente quello che fanno tutte le piattaforme: racconta quanto molto VALE la piattaforma e quanto poco COSTA la musica (solo 30 secondi di pubblicità ogni tanto).
La posizione degli artisti è stata ben riassunta pochi giorni fa da James Blake su X, l’artista si è sfogato dicendo che “il lavaggio del cervello ha funzionato e ora le persone pensano che la musica sia gratis” e che in molti casi i musicisti si siano trasformati in influencer: la musica è ridotta a mero strumento per portare i fan a seguire gli account social degli artisti.
Interplay dei Ride
I Ride con Interplay si aggiudicano il primato di “Disco del Mese”.
Quando parliamo dei Ride parliamo di una delle band shoegaze più importanti e seminali di sempre. Formatisi nel 1988 a Oxford, i Ride sono stati sin da subito il fiore all’occhiello della Creation Records assieme a My Bloody Valentine e Primal Scream, ben prima che arrivassero gli Oasis.
Agli esordi contribuirono a definire questo genere con un sound caratterizzato da robuste chitarre distorte e una potente architettura ritmica, con un gusto più brit (quasi) pop, rispetto ai colleghi. Dopo la reunion del 2014 hanno continuato ad evolversi attraverso cambiamenti stilistici e sperimentazioni.
Interplay è il loro settimo album in studio e il terzo da quando si sono riuniti, è di grande impatto sonoro ed è anche ispirato al synth pop degli anni 80; per stessa ammissione di Gardener (chitarrista e co-leader del gruppo assieme ad Andy Bell): “Invecchiando si diventa un po’ nostalgici ed è naturale rivolgersi anche alla musica che ascoltavamo quando eravamo teenager, come riferimenti del nuovo album mi vengono in mente i Tears for Fears, ma anche i Depeche Mode”.
Interplay è un compendio di come si può fare musica indie nel 2024 senza risultare bolliti, nostalgici o banali. Chitarre che si impennano (Midnight Rider), power pop (Monaco), tastiere e sound new wave anni 80, atmosfere dark (I Came to see the Wrek) e space ballad (Light in a Quiet Room e Last Night I Went Somewhere to Dream) che ricordano da vicino gli Spiritualized.
Un disco che mi fa ricordare perché amo la musica, perché amo questo genere e perché è giusto continuare a cercare.
One Million Love Songs dei Bnny
Questo mese il nome nuovo da appuntare sui taccuini è sicuramente quello dei Bnny di Jess Viscius.
I Bnny (ex Bunny) sono una band di Chicago concepita dalla mente creativa della sua leader carismatica Jess Viscius, che ha tutte le stimmate della predestinata. Jess ha iniziato a scrivere canzoni con la chitarra quasi casualmente, dopo che qualcuno ne aveva dimenticata una nel suo appartamento, per poi mettere assieme una band con amici e familiari (letteralmente, visto che la bassista è la sorella gemella di Jess, Alexa).
Con questo assetto i Bnny hanno esordito nel 2021 con Everything e One Million Love Songs, uscito ad inizio aprile per la Fire Talk Records, è il loro secondo disco.
I Bnny e soprattutto Jess Viscius sono sicuramente influenzati dai Velvet Underground che riverberano spesso e volentieri nei solchi dei due dischi, così come l'etereità epica dei Jesus and Mary Chain (Good Staff) e la malinconia ebbra e distorta dei My Bloody Valentine, con qualche passaggio indie pop (Rainbow) e qualcuno più folk.
Un disco che suona - quasi - come un classico.
Melt the Honey dei PACKS
E veniamo al secondo nome da appuntare con la scolorina sulle bretelle dello zainetto Invicta: PACKS (sì, tutto maiuscolo).
I PACKS sono una band canadese che ruota attorno alla figura della fondatrice Madeline Link, inizialmente si trattava di un progetto solista sul quale Madeline ha poi costruito una vera e propria band. Oggi i PACKS lavorano prevalentemente fra Toronto e residenze artistiche in Messico.
I PACKS incarnano perfettamente il sound slacker rock anni 90, perfetti epigoni di Pavement, Sebadoh, Lou Barlow e tutto il low-fi di quegli anni.
Sono stato lì lì per parlarti dei PACKS a gennaio, poi a febbraio e poi anche a marzo, ma ho sempre desistito. Inizialmente non mi convincevano appieno, ma la realtà è che ho continuato ad ascoltarli per tutto questo tempo e la settimana scorsa ho acquistato il loro ultimo album, Melt the Honey, in vinile.
Probabilmente è vero che gli amori che crescono con il tempo hanno radici più forti di quelli che nascono in modo improvviso.
Il pretesto per tirare fuori questo disco di inizio anno proprio ora è l’ultima uscita dei PACKS, ovvero la versione acustica del singolo Paige Machine, pubblicata pochi giorni fa per il progetto live Audiotree.
Kabutomushi di Mei Semones
Mei Semones è un’artista di origini giapponesi, nata in Michigan e cresciuta (musicalmente) a New York.
Mei si è innamorata della chitarra dopo aver visto Marty McFly suonare Johnny B. Goode in Ritorno al futuro (devo aggiungere altro?), da lì è passata attraverso l’amore per il classic rock durante l’adolescenza (dai Led Zeppelin ai Red Hot Chili Peppers), per poi avvicinarsi al jazz durante gli anni del liceo.
A New York, dopo aver conseguito la laurea al Berklee College of Music, ha trasformato la sua passione in lavoro, iniziando a vedere i primi risultati solo quando ha deciso di integrare anche la lingua giapponese e le sue origini, nei pezzi. "Le mie canzoni hanno cominciato a piacermi solo quando ho iniziato a utilizzare sia il giapponese che l'inglese", spiega. "Prima di entrare all'università, non avevo mai provato a scrivere in giapponese, ma poi ho capito che è quella la mia strada".
Kabutomushi è il suo terzo EP e significa "tesoro" in giapponese, la sua musica presenta influenze che spaziano dall'indie pop al jazz, dalla bossa nova al J-POP, con un uso della chitarra che mi ricorda vagamente certo math rock.
Se queste sono le premesse: che parta il count down per il disco d'esordio!
Unwishing Well di The Reds, Pinks and Purples
Dietro alla strana sigla The Reds, Pinks and Purples si cela il prolifico genio creativo di Glenn Donaldson, già noto per i suoi passati con gli Skygreen Leopards; duo lo-fi, freak folk e psychedelic-pop che, per qualche anno, assieme a Devendra Banhart e CocoRosie infiammò la scena indie.
La nuova creatura di Glenn, praticamente un progetto solista, permette al songwriter di San Francisco di assecondare la sua prolifica vena: 9 album in 5 anni, sempre sulla stessa cifra stilistica (anche le copertine dei dischi sono un’esperienza), senza retrocedere di un passo, tanto che il disco dell’anno scorso per poco non è finito nella mia top 10 del 2023.
Unwishing Well, come tutti gli altri precedenti 8, è un super concentrato di indie jangle pop, con tematiche riflessive a ritmo incalzante, in pieno stile Sarah Records con in sottofondo Felt e Magnetic Fields.
Con una menzione speciale alla chiusura del disco con la splendida e strumentale Goodbye Bobby.
Only God Was Above Us dei Vampire Weekend
Il nuovo album dei Vampire Weekend è "l'elefante nella stanza" di questo mese: una situazione non semplice da spiegare, ma troppo grande per essere ignorata.
Il punto fermo è che i Vampire Weekend non hanno bisogno di presentazione anzi, questo disco, assieme a quello degli Smile e il nuovo da poco annunciato dei Fontaine Dc, era una delle uscite più attese del 2024.
Se il precedente Father of the Bride era figlio di Los Angeles, la loro patria d'adozione, Only God Was Above Us torna a parlare di New York e suona tremendamente cosmopolita, da Great Gatsby proprio.
Si tratta di un disco complesso, composto da una moltitudine di idee sonore armoniosamente legate fra di loro senza sovrapposizioni, nessun wall of sound. Tante suggestioni musicali che difficilmente si potrebbe credere possano coesistere nello stesso disco, figuriamoci nella stessa canzone, e invece… Chitarre taglienti, pianoforti retrò a volte campionati a volte mandati in loop, archi e ottoni (Prep-School Gangster), sintetizzatori, fiati free jazz (Classical), ballate corali (Mary Boone) che ricordano Modern Vampires of the City e un pizzico di psichedelia alla Flaming Lips.
Già nella top ten del 2024?
La Valle Oscura di Anna Wiener
Premesse: a discapito di quello che si potrebbe dedurre dalla copertina (poco azzeccata), La Valle Oscura non è un libro che parla di intelligenza artificiale.
Tuttavia è possibile comprendere da questo libro alcune dinamiche dell'AI o comunque delle persone che la sviluppano o del contesto culturale in cui queste startup nascono, crescono e poi prosperano.
Nel 2010 Anna (Wiener, l’autrice, tutto quello che si legge qui è autobiografico) lavorava nel settore dell'editoria newyorkese, ma ben presto si rende conto che è a sud ovest del paese, nella Silicon Valley, che i suoi coetanei stanno facendo i soldi veri. Dopo un paio di colloqui viene assunta "nella startup che si occupa di big data" (Anna è attentissima a non fare nomi ma sa farsi capire benissimo, ad esempio Facebook è "il social network che tutti odiano" o Google "il colosso dei motori di ricerca") e si ritrova a fare assistenza ai clienti. È un umanista donna, in un mondo di ingegneri uomini e questo diventa subito un tema, un motivo di disagio che non focalizza immediatamente, ma che rielabora con il passare dei mesi e degli anni ed è parte centrale de La Valle Oscura. Di fatto non è né un’autobiografia, né un romanzo, né un saggio, ma un mix di tutte queste cose assieme. La lucidità e la consapevolezza della Wiener sono sbalorditive e appassionanti, quanto la sua dedizione agli 8 anni di Silicon Valley.
La presa di consapevolezza di trovarsi in un ambiente ostile e tossico, arriva pian piano. L'autrice non la prcepisce nel momento in cui vive questa esprienza e nemmeno rielabora il suo racconto sotto questa lente, ma chi legge può lentamente e inesorabilmente immedesimarsi e rendersi conto di trovarsi impantanato quando ormai è tardi.
In qualche modo mi ha ricordato l'autobiografico L'opera Struggente di un Formidabile Genio dove l’adolescente Dave è convinto di spassarsela alla grande senza rendersi conto di essere sovrastato dall’ansia e dalle nevrosi; ma allo stesso tempo, per il mix di comicità e tossicità, considero questo libro la risposta big tech a Il Diavolo Veste Prada.
Per approfondire
📈 Dopo aver aumentato il costo degli abbonamenti negli Stati Uniti, Spotify sta pensando di alzare i prezzi anche in altri paesi. Lo sostiene Bloomberg qui.
🤝 Ti sei mai chiesto il perché di tutti quei featuring tra i rapper? Lo spiega Spotify, con qualche dato, in questo post di qualche mese fa.
👩🎤 Vanity Fair (?!?) parla del declino del Coachella festival e di come la musica venga all'ultimo posto. “E se ormai fosse una grande allucinazione collettiva”?
My job here is done
Alla prossima!
(Hai notato che non scrivo mai “A presto”?)
🤹 Io, l’autore
Ciao, sono Francesco, forse ti ricorderai di me per la webzine Indie For Bunnies di cui sono stato co-fondatore, o per qualche pezzo pubblicato sulla rivista musicale Losing Today, o per le mie doti comiche "Qual è il gruppo preferito di un cartolaio?" "I Moleskine!"; o per altri Super Poteri di Merda™ come questo (seguimi per altre eroiche imprese).
Se invece è la prima volta: sei su Indie Riviera la newsletter che una volta era un blog (una volta qui era tutta blogosfera) e oggi è il posto su cui scrivo di dischi, etichette , industria musicale, libri e cultura pop in generale.
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Tre dischi che mi ero perso per strada e ora devo sentire. Non so se ringraziarti o maledirti :)
Ho scoperto questa newsletter solo il mese scorso, ma mi ha già dato tanti spunti di ascolto interessanti. Uno di questi è Interplay dei Ride, che trovo davvero formidabile. Grazie! 😊