🏄 Indie chi? Indie Riviera!
Dove si scopre che hai ancora attiva l'iscrizione a una newsletter di musica indie che non pubblicava nuovi contenuti da più di 11 anni.
- Ciao, sono tornato.
- E tu chi cazzo sei?
- Coso dai, quello che scriveva su Indie Riviera quel blog di musica (e tutto il resto) che seguivi decenni fa o giù di lì.
Sì lo so è passato un po' dall'ultimo invio. Per la precisione 4245 giorni, circa 11 anni e mezzo (non ho tenuto il conto, ho usato un tool online). Roba da far impallidire qualsiasi email marketing specialist, tipo che l'ultimo invio era partito utilizzando Feedburner (ti ho sbloccato un ricordo).
C'ho un messo un po' a decidermi, ma più rimandavo, più il contatore dei giorni saliva e più il numero che usciva era difficile da accettare.
Nel frattempo ho anche pensato di aprire una newsletter sulla procrastinazione, niente paura, la sto rimandando 😉
Se ti stai chiedendo: "Ma questo davvero può scrivermi dopo più di 10 anni?", la risposta è "Tecnicamente sì, se non hai revocato il consenso".
Se invece nel frattempo hai cambiato gusti, o pensi che la musica indie sia morta, puoi revocare il consenso anche ora, tramite il link nel footer. Però così non saprai mai di cos'altro sono capace oltre far passare 11 anni fra una newsletter e l'altra (che peccato eh?!?).
A questo punto credo che valga la pena presentarmi una seconda volta, magari ti ho un po’ confuso le idee (mi sento un po’ spaesato anche io).
Dove mi (ri)presento
Sono Francesco, ci siamo conosciuti ai tempi di Indie Riviera (il mio blog personale di musica, libri, showbiz e qualche volta fumetti). Ma prima ancora avevo co-fondato Indie For Bunnies, scritto sulla rivista Losing Today, su qualche freepress e altre cose che non contano un cazzo (e magari mi leggevi proprio per queste).
Nel frattempo ho superato gli "anta" (forse anche tu) e sto procrastinando una crisi di mezza età. Per l'occasione potevo comprare una Porsche o riaprire Indie Riviera, invece mi sono fatto una psicoterapetua. Hey, non in quel senso! Nel senso che una volta ogni due settimane frequento questa "specialista" e parliamo di sogni, della mia infanzia, dei genitori, dei figli, del lavoro... lei si diverte parecchio, ma sono io che pago, prima o poi me ne farò una ragione.
L'ultimo Nick Hornby
Di recente ho letto l'ultimo di Nick Honrby, un omaggio a due dei suoi riferimenti culturali la cui vita artistica, e non solo, viene qui intrecciata su più livelli. Il libro è "Dickens e Prince: Uno speciale tipo di genio". Cos'hanno in comune Dickens e Prince? Tante cose ho scoperto, ma il focus di Hornby è più che altro sulla loro produzione di opere "a nastro". Insomma, loro non ci hanno mai messo 11 anni a farsi risentire.
Non tutti possono contare sulla mia sfacciata intermittenza creativa a quanto pare.
Mi sono chiesto se per Hornby siano fonte di ispirazione perché in loro rivede la sua stessa prolificità o se invece vorrebbe autorizzarsi a pubblicare più cose fra quelle che scrive ogni giorno e tiene in “bozze”?
O magari nessuna delle due, ma la questione dei nostri "riferimenti" è un tema: ammiriamo chi ammiriamo perché ci riconosciamo in loro o perché vorremmo essere più simili a loro?
Paura del palco e altre forme di stress da showbiz
Mi imbatto sempre più spesso in articoli che trattano il tema del benessere psicologico degli artisti. Ti è mai capitato?
Ovviamente è un tema che riguarda tutti, ma a quanto pare la pressione di doversi mantenere creativi, reinventarsi di continuo, essere sempre sotto i riflettori … contribuisce in questo settore più che in altri a creare un quadro di depressione, ansia e panico. È quello che Record Union ha evidenziato nel suo "The 73% Report", prendendo in esame principalmente le fragilità di musicisti indipendenti con un focus sui più giovani.
In questo articolo pubblicato sul sito di MTV invece viene sottolineato come l'industria musicale sia spesso molto competitiva e frenetica, con molta pressione sugli artisti affinché raggiungano il successo e rimangano sempre al top. L'articolo include interviste ad artisti emergenti.
Tuttavia si tratta di un tema che non riguarda solo neofiti, ma anche gli artisti più scafati, come sottolineato da quest’altro articolo uscito su Pitchfork che cita fra gli altri Jeff Tweedy e Bon Iver (soprattutto quest’ultimo ha parlato diverse volte della sua lotta contro la depressione e come la musica abbia agito da terapia per lui).
Il pezzo sottolinea come la musica possa essere veicolo per promuovere la consapevolezza sul benessere mentale e combattere lo stigma associato a certi disagi, ancora troppo presente.
Meglio tardi che mai
Ho parlato di Jeff Tweedy? I Wilco hanno vinto il Grammy “Best Historical Album” per “Yankee Hotel Foxtrot” (il loro disco migliore secondo me, uscito ormai 20’anni fa). Hanno commentato da fuoriclasse come sempre 👇
Ascolti
Se alle discese ardite e le risalite di uno che ti spedisce una newsletter ogni 11 anni, preferisci la confortevole puntualità di band che sistematicamente si fanno trovare in playlist con un nuovo disco, allora i Belle and Sebastian e gli Yo la Tengo fanno al caso tuo. Certo è che si tratta dei “soliti” Belle and Sebastian (Late Developers) e i “soliti” Yo la Tengo (This Stupid World), nel bene e nel male, ovvero tantissima qualità (indie pop i primi e indie rock a tratti noise i secondi) ma tutto sommato senza mai uscire troppo dal seminato delle loro produzioni precedenti. Solita garanzia.
Chi invece non smette mai di reinventarsi, giocare, sperimentare e stupirci è l’ex chitarrista dei Blur, Graham Coxon. Coxon ha appena pubblicato un nuovo disco assieme a Rose Elinor Dougall, fino al 2008 con le The Pipettes (te le ricordi?). Il loro nome come collettivo è The Waeve.
Il disco omonimo è stato registrato tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021, proprio in quel periodo lì, il fatto che appaia come uno stream-of-consciousness forse non è un caso. Si tratta di un disco poco immediato, che si svela ascolto dopo ascolto e spazia tra pop sinfonico, free jazz, post-punk e psych-rock.
Ma veniamo a me! I dischi che sto letteralmente consumando in questo periodo, sono produzioni del tardo 2022 (sì, devo ancora uscire dal tunnel de “I migliori dischi dell’anno”). Uno è sicuramente l’ultimo dei Built to Spill. Anche la loro formula è piuttosto consueta: chitarre indie rock abrasive e inerpicate e voce mutuata da certo dreamy psych-pop. Penso che con When the Wind Forgets Your Name ci troviamo di fronte al disco della maturità.
L’altro discone è quello che Panda Bear ha fatto uscire in collaborazione con Sonic Boom (Boom in tutti i sensi, che botta!), una sorta di mix fra gli Animal Collective e i Beach Boys in acido. Molto molto divertente.
E non ho altro da dire su questa faccenda (Cit.)
So che hai la casella email intasata di newsletter e notifiche (una volta qui era tutto verde), ma non risolverai il problema disiscrivendoti dall'unica che ti scrive ogni 11 anni 😏
A presto.
Quando? Chi può dirlo, io no.
11 anni dopo e non sentirli! Grazie, ho letto con piacere e pure mi hai fatto sentire più giovane
No vabbeh... BENTORNATO! ❤️